mercoledì 20 aprile 2011

Distinzioni ideologiche e pratica della politica: un caso fallimentare



Al liceo odiavo dover ripetere a memoria quanto mi dicevano i professori, odiavo l’impossibilità di costruirmi una personale visione delle cose, odiavo dover scrivere quello che l’insegnante si aspettava di leggere sul foglio del compito in classe. Così coltivavo banalità per riempire i fogli, accumulando un grave ritardo nella costruzione delle mie idee.

La scuola vissuta in un tale contesto metodologico è inutile, si sa; ma forse a Latina la procedura può funzionare (o almeno può aver funzionato) meglio che altrove. Questa è infatti una città con un profondo retaggio fascista (nel senso che ha ormai tecnicamente nel linguaggio comune); l’inconscio di ciascuno ne è permeato grazie ai racconti dei vecchi e ai benefici ottenuti allora di cui si gode ancora. Ci sono persone nate nel 1987 che ritengono di credere in principi di un regime di un secolo fa così come i loro sessantenni genitori.
Nessuna meraviglia, però il meccanismo del consenso inerziale è perverso: quali sono le regole? Bene, obbedisco e aderisco. Cioè: qualcuno, forte fino alla prepotenza, mette ordine e disciplina e io, che amo l’ordine e la disciplina lo seguo. Cioè: non sarei mai in grado da solo, ci vuole uno che lo faccia per me e per tutti. In totale assenza di senso dello Stato, della legalità, di costruzione del bene comune. È certamente più facile, come scrivere sul foglio quello che il professore pretendeva al liceo: la trascrizione della “spiegazione” della settimana precedente.
Ma Latina è fascista persino e purtroppo più squallidamente: chiunque può mettere in piedi un codice al quale i più, d’abitudine, per retaggio culturale, obbediscono. Dunque bisogna andare in quel locale, portare quelle scarpe, votare quel candidato, avere quella macchina, fare quelle vacanze, non sapere come pagare la bolletta. E poi non mettere mai la freccia in macchina, picchiarsi in caso di tamponamento, evitare le iniziative culturali se non quelle organizzate dal guru localista sull'autoproclamato di turno che dà contributo zero al patrimonio nazionale. Non si salva nessuno, tecnicamente si è fascisti a sinistra e a destra, è un fatto di testa. Vuota.
É un po' questo il motivo che spinge a impegnarmi nell'iniziativa Lista Pennacchi: superare le barriere dell'ottusità ideologica per costruire, insieme a tutti coloro che vogliono impegnarsi, una città migliore e a misura di chi più di tutti deve sentirsi tutelato dallo stato, cioè i più deboli. Lo Stato, al contrario di quello che pensano Berlusconi e i suoi fans, non esiste per mettere i legacci ai ricchi sfondati paraculo ma per garantire con le leggi la libertà e il benessere di tutti. Per questo è fondamentale un sano controllo dello Stato nell'economia piuttosto che assistere alla generazione di mostri incivili come Urbania (gestore strisce blu a Latina).
Continuo a chiedermi perché, ad esempio, alla Stazione di Latina Scalo abbiano dovuto per forza costruire l'edificietto chiamato info point, coi soldi pubblici, messo “in mezzo alle palle” rovinando l'estetica, il profilo e l'ergonomia topografica della Stazione di Mazzoni. Non è un fatto di tutela dei Beni Culturali, come qualcun potrebbe credere; do per scontato che se ne siano accorti tutti che è un cazzotto in un occhio e che chi l'ha fatto fare se ne sbatteva della tutela (compresa quella parte di Stato pagata per non permettere di deturpare il nostro patrimonio storico). Il problema è che quell'info point non ha mai funzionato ed era ovvio che non funzionasse: non ci sono informazioni da dare ai pendolari che abitano a Latina e non c'è alcun afflusso turistico che giustifichi la spesa. Ergo qualcuno ha guadagnato attraverso uno scambio di favori politico imprenditoriali operato con soldi pubblici. A occhio e croce - la butto lì - con gli stessi soldi si poteva pagare un trimestre di corso gratuito di lingua inglese ai bambini tra i 10 e i 15 anni residenti, pomeridiano, con esame finale e consegna di attestato valido come certificazione. Dimostrando di credere nella necessità di proiettare i nostri giovani in Europa, di garantire un innalzamento del proprio livello culturale a chi magari non può pagare tremila euro l'anno per mandare il figlio a imparare l'inglese privatamente (perché la scuola etc. etc.). Demagogia? Sì, sto dalla parte del popolo. Grazie.

A Latina si sono avvicendate e ahinoi si avvicendano generazioni di politicanti abituati ad agire (diciamo così) sforzandosi di ricordare le poche cose che hanno in testa: gli slogan letti a fatica sui ciclostilati. In questo non c’è distinzione tra destra sinistra e centro. Nel cartello del potere crescevano e crescono quelli che non erano, non sono e non saranno mai in grado di anteporre la persona allo scambio sotterraneo di favori; gente che ha imparato dall’infanzia a calpestare le teste altrui, egoisticamente e ottusamente.

Va bene. D’accordo: “non bisogna fare di tutta l’erba un fascio”, “è necessario operare dei distinguo” e via cantando; perfetto. L’abbiamo detto. Adesso continuiamo allora a prenderci in giro, a dire che si tratta di mele marce in un albero produttivo e in salute... intanto si coltiva la violenza verbale, il perseguimento spasmodico delle proprie fette di potere, gli interessi e i favoritismi, lasciando che il bene comune sia un problema scritto nei programmi elettorali.
In generale e maledettamente senza distinguo si vedono persone che hanno una sola ricchezza: i soldi. Per il resto sono fango, incapace di costruire niente, di approfondire, di riflettere, di argomentare. E sono rari. La maggioranza ha un’altra, unica, ricchezza: i debiti.



3 commenti:

  1. PRIMA PARTE:
    Ecco fatto! Dopo giorni e giorni di incertezza, strombazzamenti mediatici, finalmente è fatta, la lista Pennacchi-Fli ha esordito nello scenario della politica. E in una cornice da evento nazionale, dove risiede il potere, la Capitale, la Camera dei Deputati. A parte questo aspetto, non trascurabile, perché non è riservato a qualunque lista, vorrei fare alcune considerazioni sul “progetto politico” che tutto ciò rappresenta e che viene raccontato.
    Tutto sembra centrato sul nome “fascio comunista”. È un’idea che vuole legarsi al romanzo di Pennacchi e, quindi, avere visibilità? È una provocazione per andare al di là dei partiti e dire, “mettiamoci tutti insieme e cerchiamo di “ricostruire” questa città”? È una, vera e propria, proposta politico culturale? Comunque,ora c’è. Anche se, l’amico Pennacchi, no ha ritenuto di doversi candidare e quindi dare il giusto peso di consenso al suo appello.
    Ma, era proprio necessario scomodare due categorie politiche (la fascista e la comunista) che si portano dietro un carico di iniquità da brivido? Il tempo passa, per nostra fortuna, ma le malefatte dei regimi dispotici sono sempre ben presenti. Ha detto Antonio: "Nell'asse ereditario a noi ci sono toccati l'unità dello Stato, lo stato sociale, la redistribuzione dei redditi: … nella divisione dei beni…(agli altri) sono rimaste le leggi razziali e le guerre perse... ". Ma le prime non hanno avuto l’alto costo delle seconde? Le prime, possono giustificare un regime che ha previsto la privazione delle libertà, l’omicidio di stato, le torture, le carcerazioni indiscriminate, l’umiliazione delle persone, l’arroganza di “piccoli uomini” che indossando stivaloni e andavano a imporre le loro personali intemperanze a chi non poteva difendersi, la guerra con il suo carico di morti e un Paese completamente distrutto fisicamente e moralmente, una guerra civile che ha lacerato le vite di migliaia di giovani e condizionato il loro futuro, insomma la tragedia di una nazione? Diceva Norberto Bobbio “il fascismo abbatteva la democrazia per salvare il capitalismo”.
    Sarebbe meglio esplorare e sperimentare altre categorie, che hanno in loro la speranza del futuro senza il peso imbarazzante di un tragico passato.

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  2. SECONDA PARTE:
    Nel nostro sistema si è sviluppata e consolidata la democrazia rappresentativa, che ha permesso la conquista delle libertà civili e sociali dopo la stagione dei totalitarismi. Per vari motivi il sistema rappresentativo attraversa un momento di caduta e di crisi di legittimità. Si parla spesso di “crisi della democrazia”; è in crisi il sistema della rappresentanza.
    Una forma da esplorare sarebbe stata quella della “cittadinanza”.
    “La cittadinanza è esercizio di responsabilità politica verso la città, alla cui costruzione sono chiamati tutti i cittadini, secondo un progetto condiviso e democraticamente scelto. La politica stessa è così riscattata dalla gestione elitaria e privilegiata per diventare attività comune, esercizio di cittadinanza virtuosa che impegna tutti e ciascuno nella ricerca del bene comune”.
    “La cittadinanza, come la città, va «edificata» secondo un progetto di educazione politica. La politica, a sua volta, non è più solo un sapere sulla città ma un sapere la città, sentirla, animarla, viverla”.
    “La ricerca di nuovi modelli di democrazia e, perciò, di cittadinanza deve esplorare le potenzialità delle relazioni orizzontali”. La “democrazia non è solo la forma del governo politico ma anche la rete organizzata delle relazioni sociali. Se la cittadinanza verticale privilegia l’affermazione delle libertà individuali nell’esercizio protetto dei diritti, una cittadinanza orizzontale dovrà comprendere la rete delle appartenenze sociali e declinarsi sul versante delle uguaglianze, assumendo l’uguaglianza delle opportunità come condizione di esercizio delle libertà. Inoltre, se la cittadinanza verticale è l’esito della democrazia rappresentativa, una cittadinanza orizzontale non può che svilupparsi in un ritrovato modello di democrazia partecipativa”.
    Se un anno fa, quando è finita la giunta Zaccheo, fosse stato accolto l’appello per un movimento cittadino che superasse l’immobilismo politico che produceva isolamento e danni a questa città e avessimo dato vita ad un percorso culturale e politico nuovo e se avessimo approfondito temi rilevanti, come quello proposto, della “cittadinanza”, probabilmente ora saremo nelle condizioni di presentare alla città una vera speranza di rinascita. Invece, eccoci con “la solita lista” che entra nella disputa elettorale per “racimolare” qualche consenso, senza la spinta etico-culturale per tentare di cambiare il destino della nostra città. L’improvvisazione non è un buon viatico per mete alte.

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  3. Gentile Pierluigi, cioè papà, grazie per il commento articolato e argomentato. Non posso che rispettare la tua idea che tra l'altro rende evidente come divergenze di pensiero, anche dentro la famiglia, non siano altro che una buona occasione per far crescere il dibattito, obiettivo che mi prefiggo sopra ogni cosa.
    Ora è chiaro che nessuna lista sradicherà di colpo i settanta e passa anni di storia che ci hanno portato alla situazione attuale. È altrettanto certo però che lo spunto sulla “cittadinanza” che porti come vera ed unica opportunità di proporre un nuovo modello politico è un pochino farraginosa per il “grado zero” da cui siamo costretti a partire.
    La suggestione culturale di Antonio Pennacchi non sta nel riproporre vecchi schemi ideologici frullandoli insieme; questa -mi permetto- è una demagogica superficialità di chi vuole liquidare l'entusiasmo intorno alla vera novità che è semplicemente: credere nei valori della sinistra, portare a sinistra (vista la convergenza di idee su gran parte della questione sociale) anche quelli di destra che condividono la stessa volontà costruttiva e portare a casa almeno l'obiettivo minimo, cioè un buongoverno fatto da uomini di buona volontà. La questione cittadinanza posta così è invece molto speculativa e difficilmente traducibile in un linguaggio che aggreghi le masse imbelli e indifferenti a Latina. Più che la “solita” lista qui abbiamo l'unica lista che si proponga di rimboccarsi le maniche senza aspettare le briciole postelettorali che cadono dal tavolo dei (soliti) padroni.
    Quanto alla candidatura in prima persona di Antonio Pennacchi va detto – pur se immaginabile - che gli è stata chiesta con forza anche da chi i conti elettorali li fa assai meglio di noi. Il problema è che questioni di tutela della salute personale (spero di non violare la privacy ricordandolo come plurinfartuato e con svariati altri seri acciacchi) sconsigliano una prolungata esposizione mediatica. Il nostro in sostanza deve necessariamente dosarsi per conservarsi a tutti noi che gli vogliamo bene. E questo è quanto. Il primo a cui rode di non poter andare in consiglio comunale è proprio lui.
    Come vedi, spesso anche le questioni su cui si può facilmente sparare hanno, a guardare anche l'altra metà della luna, motivazioni più complesse e tuttavia più semplici.
    Per concludere, sempre ringraziandoti per la voce e il nome messi a chiare lettere nel dibattito, cito Massimiliano Lanzidei: “Mica qualcuno penserà veramente che il nostro obiettivo sia quello di marciare insieme col fez in testa cantando Bandiera rossa?”
    I termini fascista e comunista scompaiono e si annullano nel luogo letterario del fasciocomunista; il romanzo (che va letto, analizzato e approfondito prima di lanciarsi nella sua critica terminologica) è anche una grande metafora dell'esperienza umana di chi si interroga e si mette in discussione; di chi vuole pensare con la propria testa e non si arrende alle vulgatae; di chi si tormenta e soffre attraversando punti critici, svolte, ripensamenti mai cedendo alle semplificazioni dogmatiche di chi ci vuole opprimere o incastrare in modelli precostituiti. E questo è quello per cui voglio lottare, imparare a lottare.
    Francesco Moriconi

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