martedì 28 giugno 2011

L'autobus FS

  Questo dialogo l'ho origliato tutto facendo finta di ascoltare la musica con gli auricolari. Oppure l'ho inventato. Sull'autobus FS.


«Certo ormai non se campa più...»
«Madonna, co 'sti prezzi»
«Guarda, non te poi permétte più de fà niente
Se voi andà a mangià 'na pizza te devi fà i conti il mese prima»
«Sì, sì...»
«Io, che ne so, presempio il giovedì alla pizza da Giovannino non ce rinuncio, è un must. Però poi me barcameno... mo' lascia stà che me sò comprato la macchina, eeeeeeee a me me piaceva quella eeeeeee 'no sfizio 'na volta... che ne so, uno mica pò vive come 'n eremita.
La spesa comunque, quando se po': all'Eurospin. Mettice poi i figli... Alla fine, se voi fà 'na vita normale devi finì co le finanziarie»
«Sì, lo so, lo so, lo so benissimo»
«Mo' a mi fijo j'è venuto 'n mente de chiedeme l'ics box, come cazzo se chiama... a papà ce l'hanno tutti a scola, ce l'ha pure Tommaso, fammelo pure a me...»
«Lo so, ormai è così»
«Mi fija poi sta co uno... dice che sta all'ex Bristol. Speramo bene. Io però ce penso sempre...mo' jo detto: guarda che io te tengo d'occhio, non fate cazzate che ve butto al canale... eeeeeeeeeee non è che sò opprimente eh, eeeeeeeee che ne so, ma co 'na fija 'n se sa mai...»
«hm,hm»
«Già devo annà ogni tanto da mi socero a piagne pe famme prestà du lire...ce manca solo che me mette lei in qualche guaio»
«Ah, ah»
«Oh, l'altra sera sò annato a fà 'l tagliando...»
«Alla tua?»
«A quella de mi moje...»
«'mbe'?»
«Duecentoquaranta limortacciloro...»
«Ammazza...»
«Eeee, abbiamo cambiato l'olio e filtro, poi c'era un problema alla centralina...ma vaffanculo! La macchina la sto ancora a pagà.... che mafia....»
«Tanto lo sanno che 'n do' vai...»
«La sera me sò dovuto consolà...»
«Cioè?»
«Se ne semo annati a cena a mare...che cazzo me frega, porca troia...»
«Ma ssìììì...»
«M'hanno portato quella frittura...che...guarda 'na cosa così non me l'ero mai mangiata...e il vinello bianco...aooo ogni tanto ce vole...»
«Pe forza...
Ma dice che Faustoni s'è dimesso...»
«Guarda...a me non me ne frega un cazzo. Tanto mo' esce dalla porta e rientra dalla finestra...gente così mejo perdela che trovalla...»
«A sì, sì»
«Lo sai secondo me chi è l'unico che se salva? Sarà perché lo conosco...Lo sai chi è?»
«Chi?»
«Enrico Rivaldi»
«Boh, dici?»
«Un signore te dico...'na volta guarda - fatte i cazzi tua però me raccomando - ciavevo 'n problema co 'n documento pel mutuo. M'avevano contestato 'na cosa e stavo nei casini mo' manco me ricordo...»
«'mbe'?»
«Lo sò annato a trovà che lui era consigliere circoscrizionale, non era ancora assessore, 'n po' d'anni fa...be' guarda, j'ho detto Enri' cosi' cosi', se ce poi mette 'na parola pe damme 'na mano, non so più che fà. Oh, il giorno dopo m'hanno telefonato dal catasto. Loro m'hanno telefonato, capito? Senta abbiamo saputo che c'è stato un disguido se viene risolviamo...ò...eeeeeeeeeee io ciavevo un problema grave, il rustico non era manco accatastato, mica 'na cazzata...ò, te ggiuro...non ha voluto un cazzo. M'ha detto: quando sarà il momento vedrai che avrai occasione...e 'nfatti poi quanno s'è presentato al comune j'ho portato almeno 'na cinquantina de voti tra parenti e amici... eeeee ma tanto scusa, mejo a lui no? Cazzo. Fatte i cazzi tua eh...»
«Sì, sì figurate...»
«Ieri sò annato accompagnà mi fija a Sonnino...dice che ce sta un museo dei briganti...»
«A sì, c'è stato mi cognato un po' de tempo fa...»
«O eeeeeee ma sai che non me lo credevo...tutto organizzato, hanno fatto 'na bella cosa. Tutto spiegato, ce stanno i costumi dell'epoca poi c'è pure un video che spiega tutto co le ricostruzioni, tipo superquark. Ogni tanto qualcosa de bono lo fanno...non è che sia che èe...però... guarda a me le cose storiche me piacciono, io quando vedo 'n documentario me ce fermo a guardallo.
Poi mi moje...quella me dice annamo all'outlet...ma come faccio...»
«Vabbe' tu ciai pure quella cazzo de macchina che beve...»
«Maché beve...oooo, che scherzi? Quella cammina come la tua sà!
Ahò! Piuttosto senti: Gino mo' apre un locale lo sai?»
«No! Ma do'?»
«All'aereo...visto 'n do' sta la farmacia Beretta?»
«'mbe'?»
«Di fronte, accanto all'agenzia finanziaria là, Toscanelli...Boscanelli...»
«Tortorelli»
«Eh sì, Tortorelli. Proprio accanto. Fa il wine bar su due piani. Mo' ha chiesto pure la licenza per il gazebo fori, du posti macchina...»
«Be' fico. Così 'n aperitivo se l'annamo a prende là ogni tanto.»
«Be' certo, là ce sta pure 'na bella vista, ce passa 'n sacco de gente, se sta bene...»
«Sì, sì. Poi a me me piace sta' così in mezzo alla gente senza però quaa confusione che te rincojonisce. Fai du chiacchiere, bevi 'na cosa...tanto se i soldi non li spendi così che ce devi fà?»
«'nfatti...comunque de 'sti gazebi ormai ce ne sò 'na marea...Gino m'ha detto che quando è andato al Comune ce stava 'na pila de richieste...»
«Be' mo' vanno de moda...»
«Sì però guarda dipende pure eh, che ne so per esempio alle spalle de casa mia ha aperto uno sotto gli appartamenti e mo' ha messo pure il gazebo: quelli c'abitano là sò disperati. Gente che urla, sigarette, sporcizia...e poi fino alle tre de notte!»
«Sì ho capito ma che famo? Mica je poi impedì d'aprì...poi oh, il Comune ce guadagna co 'sti gazebo...»
«Sì, sì lo so...»

martedì 21 giugno 2011

Un po' di sonno in cambio di un'idea

Mi ero sbagliato. È evidente.
Ero sicuro di aver letto che il Sindaco di Latina Di Giorgi avrebbe nominato solo assessori tecnici. Ho certamente frainteso, male interpretato.
Ma no, non può averlo detto! Lo dimostrano i fatti: Un diplomato ISEF assessore all'ambiente, una specializzata in ecologia e ambiente ai servizi sociali, un medico a cultura e sport (ma perché, tra l'altro, si ostinano a tenerli insieme?), un esperto di diritto ai trasporti.
Mi scuso. È ovvio che non so proprio ascoltare i politici che spiegano le cose della politica. Non ci arrivo proprio.
C'è però il caso di un assessore che mi sta togliendo il sonno. Da quando l'ho letto non riesco a guardarmi più allo specchio. Io, incompetente lettore della realtà. Io, incompetente che non combinerà mai nulla nella vita.
C'è una diplomata in ragioneria che è assessore al decentramento degli asili nido (?!). Sicuramente saprà svolgere il suo compito al meglio. Quello che mi dà il tormento però, leggendo il curriculum, è che è già stata: Presidente della Commissione Turismo, Gemellaggi, e Rapporti con l’Europa e membro delle commissioni Sanità, Igiene Pubblica, Medicina Scolastica, Pari Opportunità, Terza Età, Asili Nido; Anagrafe e Problemi del Personale; Pubblica Istruzione, Università, Promozione Cultura; Tutela Beni Culturali, Spettacolo; Servizi Sociali, Giovani, Sport, Volontariato, Disabili, Nomadi, Extracomunitari. È irrefutabile che questa donna sia un genio. Io proprio mi inchino. Io, umile blogger della domenica di fronte al livello di questo tecnico competente devo farmi da parte.
Mi trovo costretto a sottolineare ad ogni modo che, considerato l'oltraggio di non aver visto le strisce stradali rifatte in campagna elettorale, adesso sarebbe ora di prendere il toro per le corna e toglierle tutte definitivamente. Tranne quelle blu ovviamente. Tanto è palese che alla maggioranza dei Latinensi non frega una mazza di avere le strisce e alla maggioranza dei consiglieri interessa solo il BLU di Urbania. VIA IL PUBBLICO! I ragazzini per uscire da scuola non hanno più le strisce pedonali e gli avvertimenti a terra di rallentare? Bene! Mettiamo un tizio di Urbania che li fa attraversare al modico prezzo di un euro. A persona.
Pensa, Di Giorgi, che massa di soldi che incamereresti! Potresti fare a Latina la nuova Cape Canaveral!
Eh, se non ci fossi io...


venerdì 17 giugno 2011

Zibaldone: fratello Rom

Cinquecentomila.
Cinquecentomila Rom .
Cinquecentomila persone uccise, torturate, sterilizzate, macellate dai nazisti. Il numero più accreditato è cinquecentomila. Annientate per motivi di razza.
È l’olocausto dei Rom. Il Porrajmos. Per lo più taciuto, nascosto dietro pregiudiziali e secolari chiusure nei loro confronti.
Tutti siamo portati a pensare che uno come Mengele (il dottor morte di Auschwitz) fosse uno psicopatico messo a capo di un laboratorio di atrocità che soddisfacessero le sue morbosità (attraverso azioni spaventose, terribili, indicibili). Dobbiamo allora dedurre che fossero malati di mente non solo Hitler ma anche tutti quelli che hanno commesso nefandezze simili. Truppe di psicopatici per esempio dovrebbero aver eseguito i massacri di Rom nei boschi della Polonia, dove i bambini sono stati presi per i piedi e fatti roteare fino a sbattere contro gli alberi e gli adulti costretti a camminare sulla sottile lastra di ghiaccio del fiume Bug fino a sprofondare e annegare.
Troppo facile.
Erano uomini come noi, gli autori di quei massacri. Dei grandissimi bastardi, figli di puttana, criminali, opportunisti. Gente che ha praticato il razzismo, lo ha esaltato, ha marciato, manifestato in nome della purezza della razza. È inutile negarlo: se diamo la stura a forme di gratuità della cattiveria umana riusciamo a compiere ogni genere di schifezza.
In quest'ottica si deve solidarietà ai “fratelli Rom” come la si deve a tutte le vittime della ferocia umana. Dubito che esista persona al mondo (a parte le solite teste) che non sia fratello degli Ebrei, dei Rom e di tutti quelli che sono stati perseguitati per motivi di razza.
Il Porrajmos è stato dimenticato subito. I Rom subiscono un annientamento della loro esistenza ben più profondo, precedente di molto l’avvento del Terzo Reich e seguito fino ad oggi. Basti pensare che nel processo di Norimberga nessun Rom fu ascoltato come testimone.
È una premessa importante, perché il tema che vorrei trattare qui è complesso e pieno di insidie.
Pensare ai Rom e cercare di capirci qualcosa scavalcando le barriere di pregiudizio che insistono da secoli sul terreno del dialogo e dell’integrazione è una operazione estremamente delicata: da una parte infatti ci sono quelli in stile Salvini o Borghezio, il cui approccio è sostanzialmente razziale e stereotipologico, dall’altra ci sono molti esaltati del folklore etnico che ritengono di non dover affrontare alcun problema se non quello di un superficiale pluralismo culturale che facilmente degenera in una sorta di razzismo differenziale.
In più prima o poi entrerà Latina in questo discorso, la qual cosa in partenza mi rende un po’ inquieto.
Sull’argomento ho imparato recentemente che dire zingaro è dispregiativo: se userò questa parola è solo per sottolineare il termine generale con cui i non Rom leggono la realtà condivisa con i Rom.
A dirla tutta anche dire Rom non è totalmente corretto, poiché esistono i Sinti, i Manush etc.; bisogna anche sottolineare però che la parola evoca a tutti il senso di appartenenza alla medesima cultura, al di là di distinzioni topografiche che non staremo qui a sottolineare.
Un ulteriore elemento da evidenziare è che, al contrario di quanto asseriscono molti negli ambienti del volontariato, in Europa la maggioranza dei Rom sono da tempo stanziali e non nomadi. Esistono certo quelli che viaggiano e si fermano per un periodo limitato ma praticamente sono quasi inesistenti in Italia e in gran parte dell’Europa meridionale e orientale.
Interessante poi che anche i non Rom sono vittime di pregiudizi speculari da parte dei Rom. Una visione per lo più costruita sulla televisione e in particolare dalla cronaca dei telegiornali: i rom Xoraxanè pensano che i gagè (il termine con cui i Rom definiscono i non Rom) siano tutti ladri, uccisori di bambini, truffatori.
Devo ammettere una grande ignoranza; per di più sono consapevole che anche i tentativi più aperti hanno il difetto d’origine di presupposti inamovibili che non trovano traduzione facile in culture diverse.
Non so se è possibile procedere con ordine nell’affrontare una “questione Rom”. Partirei dai luoghi comuni che caratterizzano le opinioni della maggioranza: tutti ladri, tutti sporchi, tutti ignoranti.
Tutti” è decisamente un termine generico; nessuno conosce “tutti”. L’opinione che ci si fa dei Rom è diffusamente veicolata dalle esperienze personali e dai media. Questi ultimi parlano di loro in caso di sgomberi o di arresti per vari reati e noi tutti gagè quando vediamo uno zingaro controlliamo la borsa, lo zaino, le tasche, il cellulare. Chi gira per Roma si accorge che molte ragazzine che vanno a borseggiare nella metro o sugli autobus sembrano rom, molti mendicanti (suonatori o questuanti) sono rom.
Certo è vero che non tutti i Rom sono ladri o mendicanti ed è altrettanto vero che non tutti i ladri o mendicanti sono Rom.
Apprendo da alcuni saggi che i mestieri tipici dei Rom (stanziali o nomadi) sono sempre stati quelli di maniscalco, lavoratore del rame o fabbro, giostraio, venditore di chincaglierie. Mestieri cioè difficilmente esercitabili nelle società occidentali avanzate (cui anche l’Italia misteriosamente appartiene). In tutte le mie letture che cercano di approfondire, di dare un quadro esaustivo della cultura Rom, l’aspetto del lavoro è però avvolto da spesse coltri di vaghezza; nei campi nomadi (in realtà stanziali) si esercita anche il mestiere di robivecchi, qualcuno lavora fuori come facchino, imbianchino, a giornata. Sembra ad ogni modo che la maggioranza conduca una vita nel rispetto di alcuni principi inviolabili ereditati dal passato, mantenendo fede ad una idea di libertà e di vita fuori dai canoni dei gagè, cercando di sostenersi umilmente e con dignità.
Per quanto riguarda l’igiene, la letteratura sui diritti dei Rom è tutta concorde nell’affermare che mancano i campi attrezzati. I gruppi sono costretti in maggioranza ad ammassarsi in luoghi non previsti per loro, dunque zone di periferia, sotto cavalcavia, margini delle città etc. Qui ovviamente mancano allacci fognari, acqua, luce elettrica e questo li forza ad una vita di stenti, morendo di freddo e faticando a lavarsi e a tenere i loro bimbi in condizioni accettabili. Una minoranza costretta a scegliere un certo stile di vita, che dovrebbe essere tutelata (anche per legge) ma si deve sostanzialmente arrangiare rimanendo vittima di tutti i pregiudizi che l’accompagnano dal XV secolo. Il cosiddetto stile di vita dei Rom sembra non sia una scelta; cioè va bene i camper e le roulotte (scelti all’interno della loro cultura) ma non la sporcizia, i rifiuti, le condizioni precarie (costrizione).
In merito all’alfabetizzazione e scolarizzazione il problema è molto delicato poiché tocca la spina dorsale della cultura rom. I Rom infatti non capiscono, non assimilano il senso delle nostre istituzioni scolastiche in quanto il loro sistema educativo è basato sull’imitazione degli adulti. I bambini sono piccoli adulti cui vengono affidati compiti che devono svolgere al meglio sulla base dell’esempio dei loro genitori. Questo è quello che conta per loro. L’intera esperienza culturale dei Rom è esclusivamente tramandata oralmente.
I figli a scuola, come cittadini italiani, sono giocoforza lasciati a sé stessi, non avendo possibilità di essere seguiti da famiglie che poco dopo l’inizio dell’anno scolastico ne sanno meno di loro e non attribuiscono valore alla scrittura. In più, ad esempio, nessun genitore va ai colloqui pomeridiani con le maestre o i professori poiché nella loro cultura non è possibile parlare di qualcuno non presente (è come parlare male). Un difetto d’analisi sta certo nel fatto che tutte le nostre considerazioni sui Rom passano dal nostro sistema al loro - credendo possibile un’assimilazione - ma mai viceversa.
Tutte le cose che sto imparando mi inducono a credere nella necessità della costruzione di una seria mediazione culturale, fatta attraverso una preliminare e approfondita preparazione di Rom e gagé. Sgomberando il pregiudizio relativo a innate caratteristiche tipiche dei Rom come la predisposizione al furto o al nomadismo (di origine razziale, ricordando tra l’altro che gli zingari non sono una razza) la tessitura di una rete di rapporti di fusione tra le culture, nel rispetto delle specificità e degli inviolabili diritti dell’uomo, sembra essere l’unica via perseguibile.
È indubbio che la stanzialità dei Rom nel territorio di una nazione ha da tempo portato a situazioni assai difficilmente decifrabili; la condizione di chi vive in roulotte e di chi invece ha una casa è infatti totalmente diversa. Anche quando un gruppo di Rom mette in piedi un campo violando la legge sull’occupazione del suolo pubblico, lo fa in seguito alla necessità di stare da qualche parte e, se non si hanno case, si commette un reato ovunque si lasci il camper. Nel caso della predisposizione di un’area invece, il problema diventa la posizione: i Rom vengono spediti fuori, spesso a chilometri dal centro cittadino e in totale assenza di collegamenti.
Una buona dose di responsabilità sull’arroccamento dei Rom nel gruppo e sulla loro chiusura è dei gagè e del loro modo di trattare il problema su basi difficili da scardinare (pregiudizi già detti, mancanza di volontà, incapacità organizzativa etc.)
Come cittadini italiani i Rom vogliono vivere una condizione che fatichiamo a comprendere. Anzi rifiutiamo. Se ci ponessero accanto a casa un monastero buddista fatto con i container per mancanza di fondi, coi monaci arancioni rasati (italiani) che ogni giorno vanno a mendicare, certo non avremmo le stesse paure. I monaci buddisti vengono preceduti da una fama positiva, pur assumendo alcuni comportamenti che sono lontanissimi dal nostro comune sentire. Qualcuno, addirittura, li invidia.
Esistono esempi di campi nomadi in cui un gruppo perfettamente in regola con tutte le prescrizioni igieniche, con lo smaltimento dei rifiuti, col trattamento dei minori si è sentito costretto a sparire dalla circolazione, a emigrare per la quantità morbosa di controlli cui erano sottoposti i membri da parte della polizia locale.
Dette tutte queste cose e dato per assodato che quella rom è una cultura da difendere in sede sociale e di diritto, specialmente quando è vissuta all’interno di specificità che non ledono la comunità ma la arricchiscono, in un reciproco scambio di valori, di accoglienza e di integrazione, veniamo a Latina.
Da sempre a Latina vive una comunità di famiglie rom stanziali, che abita case per intenderci. Un gruppo non numerosissimo di stanziali in roulotte ha vissuto per anni dietro il campo da calcio della Sa.Ma.Gor, alle spalle della chiesa di Santa Maria Goretti. Poi, durante la prima giunta Zaccheo, hanno trovato un accordo col Comune e si sono spostati fuori città, divenendo invisibili e facendo fruttare economicamente i terreni circostanti su cui poi sono sorte decine di palazzine nuove. È ovvio che la condizione di quelli che abitavano al campo della Sa.Ma.Gor e di quelli nelle case era ed è completamente diversa, sia a livello di relazioni sociali sia a livello di visibilità. Basti pensare che dire zingari a Latina significa indicare solo quelli delle case mentre per quelli del campo (fino a che c’era) si diceva “i nomadi”, come se ci fosse differenza. Ufficialmente “i nomadi” vivevano come giostrai e robivecchi, quelli nelle case invece non l’ho ancora capito. Certo il numero di reati che recentemente è stato ascritto ad alcune famiglie Rom a Latina è impressionante e vanno dalla estorsione alla truffa, dall’omicidio allo spaccio e via cantando.
Come la vogliamo chiamare? Sfortuna? Va bene. Abbiamo avuto la sfortuna che una fetta del crimine a Latina sia in gestione di famiglie rom. Non è che in tutta Italia i Rom siano dei criminali, qui però almeno due famiglie, numerose e diffuse sul territorio cittadino, favorite dalla DC prima e dal centrodestra poi (vedi ad esempio la vicenda pensioni a falsi invalidi), hanno aumentato a dismisura il loro potere. Molti di questi che adesso sono banditi, vivevano di piccoli soprusi ai danni dei più deboli anche da bambini, sfido chiunque a non avere una storia da raccontare in merito. Con tutta la complessità, con tutta la sensibilità poetica che è in grado di produrre l’oralità della storia rom, ci tocca assistere a questo vilipendio continuo della loro stessa cultura, alimentando un pregiudizio che a Latina – con forti ragioni – è quasi impossibile da scardinare. Naturalmente, per il carattere stesso dei Latinensi – con un radicato e rassegnato accento autolesionistico più volte analizzato in questi post – il pregiudizio non ha portato fenomeni di esclusione e marginalizzazione particolarmente evidenti ma solo una timorosa distanza, priva di denuncia. Una prona coesistenza con un’ignorante prepotenza che è divenuta crimine organizzato e affiliato.
Io non so se le storie che ho ascoltato nella mia vita a Latina siano vere. Ci sono certamente cose cui ho assistito personalmente e che, pur non riguardando efferati delitti ma episodi minori, sono indicative di una cultura rom tutta particolare, almeno qui a Latina, che non ha nulla di tollerabile. Nulla.
Mi ricordo che agli inizi degli anni ottanta (forse durante una giunta DC con Redi sindaco) ai “nomadi” dietro la Sa.Ma.Gor - ormai appropriatisi di quello scampolo di strada - decisero di regalare i bagni. Costruirono tre o quattro gabbiotti con acqua, water e lavandini. Un bel passo avanti verso quel minimo di civiltà dovuta. Sono durati quattro mesi. Li hanno completamente distrutti. In quel periodo, so per certo, rubarono l’auto a un mio amico che si rivolse al capo del campo per vedere di ritrovarla. Non ci riuscì per questione di tempi, pur avendola rintracciata.
È ovvio che portare i bagni così, senza un dialogo precedente o successivo, può risultare controproducente; una forma di solidarietà che è solo elemosina. Ma forse anche dire che l'assenza di servizi attrezzati è l’unico motivo di certe condizioni nei campi rom può non essere completamente vero, o meglio non vero per tutti. Come in ogni comunità ci saranno quelli con un maggiore senso di responsabilità verso sé stessi e gli altri e quelli con minori sensibilità. Quanto alla ricettazione, sarà certo un'attività favorita dall’impossibilità di lavorare secondo le proprie inclinazioni ma qui dobbiamo anche segnalare la necessità di un limite: non si deve perseguire la via del crimine.
Insomma, qualche sano distinguo va fatto: voglio esprimere solidarietà per esempio ai fratelli rom che vengono sfruttati nell’industria dell’accattonaggio da altri rom che non sono miei fratelli.
Durante una manifestazione in piazza del Popolo la scorsa estate, di sera, stavo comprando lo zucchero filato a mia figlia: due euro e cinquanta (li mortacci della bancarella). Arriva una signora rom con tre frugoletti al seguito, dà due euro al tizio col bastoncino e gli dice: “me ne devi dare tre”. E così è stato. È normale? Non era la prima volta che assistevo a una scena del genere; mi era capitato anche al baby parking di Latina Fiori. Orario di chiusura e una mamma rom va a riprendere cinque bimbi: “Sono settemila lire”, “te ne posso dare tremila”. Chiuso. Amen.
Poi l’elemosina di mestiere davanti la Asl e al mercato del martedì, tornando a casa con la Mercedes fiammante. Non è tollerabile. Ma è altrettanto intollerabile, porcogiuda, che noi gagè accettiamo che esistano non solo zone ghetto a Latina ma anche scuole ghetto, come quella di via Po, sconsigliata perfino da chi ci lavora a causa dell'alta frequentazione di zingari. Se questo è il nostro livello organizzativo per affrontare il problema abbiamo poco di che lamentarci.
Senza fare ignoranti proclami leghisti, è una situazione che va raddrizzata. Voglio convivere. Però sereno. Nella giustizia o perlomeno nel contesto di un minimo di regole condivise che strutturino la convivenza (tra cui la tutela e l’istruzione dei minori). Per il resto ognuno deve essere libero di fare come gli pare. Anzi bisogna metterlo in condizione di farlo (che è tutta un'altra questione).


mercoledì 8 giugno 2011

Enucleare il nucleare (3: il premio Nobel


Manca poco al referendum e, sostanzialmente, quello che volevo dire l'ho detto. A margine è rimasta la questione Torio. A dire la verità se uno vuole provare a capirci qualcosa la sensazione non è piacevole.
Lo dico da subito: tutti gli argomenti esposti nella seconda puntata sussistono pari pari anche se si volessero fare da subito solo centrali al Torio.
Proviamo ad andare con ordine: alcuni anni fa Carlo Rubbia (premio Nobel per la fisica) ci ha spiegato di aver inventato un reattore nucleare che non utilizza Uranio ma Torio. É il cosiddetto “reattore subcritico” sul quale una breve ricerca col vostro motore web preferito vi darà ulteriori delucidazioni. Sembra comunque che i vantaggi principali siano: impossibilità di esplosioni, altissimo rendimento rispetto all'Uranio, bassa durata dell'emittività delle scorie. Su questa storia della bassa emittività e dei tempi “più rapidi” di decadimento il dato più accreditato è circa 500 anni.
Ora, che questo sia un miglioramento è indubbio visto che l'Uranio porta a produrre scorie con un decadimento di 24.000 anni (basti ricordare, per avere un ordine di comparazione, che 5000 anni fa sulla terra c'erano ancora i Mammuth e che la fine dell'ultima era glaciale è di circa 10.000 anni fa). Però vorrei sottolineare che cinque secoli non sono uno scherzo in quanto a prospettiva programmatica: 500 anni fa significa 1511, c'erano il papa Re e Michelangelo ma non c'era la corrente elettrica. Francamente non vedo come rifiuti tossici assai pericolosi siano più gestibili se durano cinquecento anni.
La notizia che in India stiano facendo una centrale al Torio su progetti di Rubbia ha fatto dire a tutti: “ecco pure gli Indiani ci fottono mettendo in atto una tecnologia sicura e a basso rischio”. Intanto precisiamo che l'unico motivo per cui hanno scelto Torio anziché Uranio è che il primo ce l'hanno in abbondanza e il secondo lo dovrebbero in parte comprare; in una logica autarchica e di crescita spasmodica dell'economia è una scelta che non fa una grinza. Che sia poi anche una tecnologia più al sicuro da esplosioni è un gradito accessorio che non esime però dal trovare una soluzione per le scorie. Probabilmente sarà quella usata in tutto il mondo per la stessa tipologia: un bel bunker sotterraneo a bassa profondità con pareti di calcestruzzo armato e preghiere.
Il 25 novembre del 2003 il fisico premio Nobel fu ascoltato dalla commissione Ambiente alla Camera dove disse: “Si apre a questo punto il grave problema dell'eliminazione dei rifiuti radioattivi. Con vari metodi sono inceneriti, triturati, macinati, pressati, vetrificati e inglobati in fusti impermeabili a loro volta disposti in recipienti di acciaio inossidabile, veri e propri sarcofaghi in miniatura. Queste "vergogne" dell'energia nucleare vengono nascoste nelle profondità sotterranee e marine. Non abbiamo la minima idea di quello che potrebbe succedere dei fusti con tonnellate di sostanze radioattive che abbiamo già seppellito e di quelli che aspettano di esserlo. Ci liberiamo di un problema passandolo in eredità alle generazioni future, perché queste scorie saranno attive per millenni. La sicurezza assoluta non esiste neppure in quest'ultimo stadio del ciclo nucleare. I cimiteri radioattivi possono essere violati da terremoti, bombardamenti, atti di sabotaggio. Malgrado tutte le precauzioni tecnologiche, lo spessore e la resistenza dei materiali in cui questi rifiuti della fissione sono sigillati, la radioattività può, in condizioni estreme, sprigionarsi in qualche misura, soprattutto dai fusti calati nei fondali marini. Si sono trovate tracce di cesio e di plutonio e altri radioisotopi nella fauna e nella flora dei mari più usati come cimiteri nucleari. Neppure il deposito sotterraneo, a centinaia di metri di profondità può essere ritenuto secondo me, completamente sicuro. Sotto la pressione delle rocce, a migliaia di anni da oggi, dimenticate dalle generazioni a venire, le scorie potrebbero spezzarsi o essere assorbite da un cambiamento geologico che trasformi una zona da secca in umida, entrare quindi nelle acque e andare lontano a contaminare l'uomo attraverso la catena alimentare. A mio parere queste scorie rappresentano delle bombe ritardate. Le nascondiamo pensando che non ci saremo per risponderne personalmente.”
Adesso la domanda sorge spontanea: in India le scorie le mangiano?
O Rubbia ha subito una metamorfosi della sensibilità dopo aver incontrato qualche santone indiano e i suoi tre chili di hashish/giorno oppure, più semplicemente, la notizia che sia lui a seguire la costruzione della centrale è falsa. Vabbe', lasciamo perdere.
Certo è che Rubbia in Italia è il paladino di un nuovo tipo di fotovoltaico, detto solare termodinamico. Anzi, per essere pignoli, è contro ogni tipo di centrale a combustibile fossile e contro il nucleare (basta cercare le sue dichiarazioni a seguito dell'episodio di Fukushima). Per lui ora (in Italia) c'è solo il solare (termodinamico).
Sin dal 2004 dichiarava: “Non si producono rifiuti né emissioni. L'energia è abbondante e rinnovabile. Non bisogna costruire sistemi di trasporto per i combustibili perché il sole arriva da solo. Gli investimenti e i costi sono più bassi rispetto alle centrali convenzionali. Il sistema è estremamente flessibile e si presta ad essere usato con impianti di piccola taglia in località isolate. I tempi di costruzione sono brevi, circa tre anni”.
E anche:“Oggi, cioè in fase preindustriale, il costo complessivo dell'impianto oscilla tra i 100 e i 150 euro a metro quadrato. E da un metro quadrato si ricava ogni anno un'energia equivalente a quella di un barile di petrolio. Il che vuol dire che utilizzando un'area desertica o semidesertica di dieci chilometri quadrati si ottengono mille megawatt: la stessa energia che si ricava da un impianto nucleare o a combustibili fossili, ma con costi inferiori e con una lunga serie di problemi in meno.
Però, dico io, dove pensa di trovare il nostro premio Nobel un'area desertica di dieci milioni di metri quadri in Italia? E dal momento che i programmi-proclami di governo parlano della necessità (fittizia come sappiamo, visto il surplus di energia lorda) di 8-10 nuove centrali nucleari, forse dovremmo trovare cento milioni di metri quadri desertici (alla faccia della piccola taglia)? E se volessimo anche sostituire le attuali centrali a combustibile fossile? Non so, la vedo dura. E la vede dura anche lui: sembra infatti che ultimamente abbia proposto di porre queste centrali nel deserto del Sahara. Be' allora sì che quelli di Terna dovrebbero fargli un monumento perché un elettrodotto che attraversi il Mediterraneo ancora non erano riusciti a dimostrare che fosse utile. Anche su questa nuova location però Rubbia ha dei problemi: si dice infatti che l’acqua nel deserto sia la risorsa più scarsa in assoluto. Serve molta acqua per muovere le turbine sotto forma di vapore ad alta pressione. Persino le centrali nucleari soffrono di questo problema d’estate. Adesso dunque sta lavorando affinché i nuovi impianti possano riscaldare l'aria compressa per produrre acqua.
Boh. Prima dice il Torio e forse lo fa in India, poi dice il nucleare no e vuole fare centrali solari nel deserto (rendendo necessaria comunque un'importazione) oppure sparse in Italia in aree desertiche(?). Ragazzi, io qualche dubbio ce l'ho.
Chiudo con la buona notizia che il Torio, sottoposto alle cosiddette reazioni nucleari ultrasoniche dimezzi la propria emittività in novanta (!) minuti. Cioè si potrebbe sviluppare un metodo (sperimentato per ora su quantità ridottissime) per produrre energia nucleare con scorie innocue. È una cosa molto di là da venire, però c'è. Andate a cercare (mica posso fare tutto io).

lunedì 6 giugno 2011

Enucleare il nucleare (2: l'elettore consultato

Abbiamo assodato che un confronto tra centrali che assolvono alle richieste di punta e quelle che assolvono alle richieste di base non è corretto. Dunque niente ignoranti, fideistici e pregiudiziali scontri tra nucleare ed eolico (un’azienda in pieno ciclo produttivo certo non può sospendere la produzione in attesa che tiri vento).
Dunque le domande di energia per la vita e lo sviluppo di un paese sono attualmente soddisfatte con i metodi che l’uomo conosce: in Italia combustibili fossili (in particolare gas naturale i.e. metano, carbone e derivati del petrolio).
Senza fronzoli descrittivi possiamo dire che usiamo i metodi più inquinanti per l’energia di base trascurando da molto tempo quello che nei limiti di un corretto regime di funzionamento risulta il più ecologico (nucleare = zero emissioni nell’ambiente però 5-6 m3 l’anno di scorie radioattive).
In più, se volete anche divertirvi (ma non c'è da ridere), a questo link http://www.archivionucleare.com/index.php/2011/05/31/probabilita-supernenalotto-fusione-nocciolo/#more-841 potete leggere come sia assai più probabile fare sei al superenalotto che vedere il danno irreparabile di un reattore nucleare.

Calma.

Sono contro il nucleare in Italia. Ma non è la paura che determina la mia opinione, né le argomentazioni catastrofiste e prive di dati scientifici della maggioranza degli antinuclearisti.
In Italia è impossibile tornare al nucleare per una serie di ragioni che non hanno minimamente a che fare col funzionamento delle centrali:


SCORIE

Nel 2003 la presidenza del Consiglio dei Ministri aveva dichiarato lo stato di emergenza in Lazio, Basilicata, Campania, Emilia Romagna, Piemonte considerata l'ineludibile esigenza di assumere iniziative straordinarie e urgenti volte a realizzare lo smaltimento dei rifiuti radioattivi dislocati nelle centrali nucleari presenti sui loro territori. L'impegno era di risolvere la questione entro quell'anno. Il problema è tuttora senza soluzione. Io mi dovrei fidare di chi (avendo il bastone del comando di ogni colore da trent'anni) non è stato in grado di trovare una concreta soluzione per le scorie accumulate in passato? No, grazie. Rimanga inetto per favore senza il mio assenso.
Il Parlamento Europeo inoltre lascia autonomia agli Stati sul tema della sicurezza e dello smaltimento, nella più totale assenza di una linea comune, come se non volesse decidere. Motivo in più per evitare il nucleare (in queste condizioni) come la peste. In più i fondi europei sono misteriosamente incanalati sullo studio dei metodi per arrivare alla fusione nucleare (attualmente una chimera) piuttosto che su un più realistico quanto necessario sistema per lo smaltimento sicuro delle scorie radioattive. Al giorno d'oggi le scorie cosiddette a bassa attività vengono poste in depositi di calcestruzzo armato, in superficie o a bassa profondità, senza alcuna garanzia perché la loro “vita breve” è comunque di alcuni secoli e quella del calcestruzzo senza dovute manutenzioni è tutta da dimostrare (è ovvio che si attende un miglioramento delle tecniche di smaltimento, di là da venire). Le scorie ad alta attività (a “vita lunga” cioè migliaia di anni) devono essere poste, dopo la vetrificazione, a chilometri sotto terra, in strati geologici non in contatto con le falde etc. Un deposito siffatto costa miliardi di euro insostenibili per i quantitativi tutto sommato limitati di scorie (specie se a investire sono i privati).

PREPARAZIONE SCIENTIFICA E RICERCA

Ll'opinione dei tecnici competenti è tenuta in scarsa considerazione. Sarebbero faziosi. Tolti i competenti però rimangono gli incompetenti. Ergo io non mi fido di una generazione che ha chiuso la baracca della ricerca sul nucleare venticinque anni fa, disperso e “riqualificato” i centri di eccellenza di quella ricerca (vedi ENEA ad es.), eliminato gli ingegneri nucleari. Chi dovrebbe guidare ora le nostre scelte energetiche? Chicco Testa? Sarà un bravissimo manager ma tecnicamente non so...
Rifondare la ricerca e la qualificazione di tecnici preparati (a meno di non voler creare una definitiva dipendenza dall'estero) richiederebbe almeno il tempo che ci è voluto a dismetterla ma, vista l'inettitudine della nostra classe politica preventiviamo almeno il doppio. Col sapere delegittimato è la totale paralisi, visto che chiunque può indire una campagna “contro”. L'altra sera a Ottoemezzo era veramente stucchevole sentire un professore universitario chiedere cortesemente di elencare centrali alternative a quelle conosciute per produrre energia di base e sentire rispondere dalla presidentessa dei verdi europei “Lei le conosce meglio di me”. Ci sono o non ci sono? (il primo che tira fuori l'eolico adesso lo aspetto sotto casa).
Se consideriamo poi che il presidente del CNR, Roberto de Mattei è uno che va dicendo che il terremoto in Giappone è una punizione di Dio e che l'impero romano è caduto per colpa degli omosessuali devo dire che votare Sì sarebbe l'unica speranza di non peggiorare le cose. Di chi ci dobbiamo fidare?

PIANIFICAZIONE E MERCATO

Che tipo di consultazione si pensa di poter fare? Intanto il governo non ha esposto un piano unitario (non è in grado). Si grida alla necessità di energia quando tutti i calcoli (persino quelli di Wikipedia) dimostrano che l'Italia ha un enorme surplus di energia lorda. Non è una grande idea costruire per non produrre. Il famoso blackout dell'estate del 2003 fu la scintilla che fece dire a tutti che c'era bisogno di maggiore energia e che non potevamo dipendere dall'estero: allora via col nucleare. Il problema però è che quel blackout è avvenuto di notte, con numerose centrali spente. Solo Roma chiedeva energia pari al giorno perché c'era la notte bianca. La verità è che si tendeva a sfruttare, per ragioni di convenienza economica, gli elettrodotti svizzeri per importare energia sovraccaricandoli oltremodo. Solo questo; perché se la politica energetica non è garantita dallo Stato, per tutti, ma regolata dal profitto privato i risultati sono di un solo tipo. Figuriamoci costruire le centrali nuove. Nucleare e libero mercato sono un ossimoro. Una centrale nucleare costa molti miliardi di euro, i tempi di realizzazione sono lunghissimi: non è possibile la necessaria programmazione (leggi anche affidabilità e ottimizzazione) in un contesto di garanzia di redditività e tempi ragionevoli che cercano le imprese private. Non a caso il nucleare sta funzionando in quelle economie in ascesa fortemente stataliste nelle politiche energetiche come India o Cina. Il tempo di vita delle centrali nucleari, di venticinque anni, non è mai sufficiente a far rientrare i costi sostenuti per produrle: ecco perché ovunque se ne prolunga la vita a discapito della sicurezza (vedi anche Fukushima) specie se in mano a privati.

FURBIZIA

Non c'è nulla nelle scelte del governo che lasci intendere una voglia di dare prospettiva di rilancio allo sviluppo. Vorrei ricordare lo scandalo taciuto da tutti - anche dai verdi (che sembrano parlare dopo essersi consultati con i produttori di “Ai confini della realtà” invece che con addetti ai lavori – consumatosi a partire dagli anni post referendum (e tuttora in corso) dei sussidi alle fonti rinnovabili cui fu assimilato anche il metano (principale combustibile non rinnovabile di alimentazione delle nostre inquinantissime centrali termoelettriche).

DECADIMENTO DELLA QUOTA NUCLEARE IN TUTTI I PAESI DI PIÙ ANTICA NUCLEARIZZAZIONE

Nel 2010 erano in funzione 13 centrali in meno rispetto al 2000. Nel 2008 non ne è entrata in funzione nessuna, nel 2009 si è ridotta la potenza del parco centrali. Rispetto ai massimi toccati fino alla fine degli anni Novanta l'apporto del nucleare si è ridotto del 21% in Germania, del 14% in Giappone, del 27% in Gran Bretagna, del 7% in Francia, del 12% nell'intera Unione europea. Il nucleare non è in salute. Non è compatibile col mercato, i costi di produzione e di esercizio sono mostruosi, la gestione richiede alta qualificazione, il problema delle scorie pesa come un macigno. Senza contare che quei costi altissimi finiscono nelle bollette, altro che calo dei prezzi: non esiste una sola esperienza al mondo che fornisca dati di significative diminuzioni dei prezzi a seguito dell'adozione del nucleare (noi a Latina, tra l'altro, paghiamo in bolletta ancora un alto prezzo per scorie non smaltite e, a quanto pare, non smaltibili).

RISPARMIO ENERGETICO

Una seria politica di risparmio energetico sarebbe auspicabile. Una valutazione delle nostre necessità di energia andrebbe fatta dopo una misurazione esatta del nostro reale surplus (innegabile) di energia lorda e dopo dieci anni di serio risparmio. Serio.
Non come la bufala delle cosiddette lampadine a basso consumo; sarà anche vero che con 11 watt ne rendono 60 però sono tossiche, contengono mercurio, vanno smaltite con attenzione e procedure articolate. Per risparmiare watt (che poi in realtà si risparmiano solo per lunghissimi tempi di esercizio, non in casa dunque) ci ritroviamo con un altro bel paccone di rifiuti tossici da smaltire. Bella green economy. Complimenti.

Per tutte queste ragioni io dovrei votare sì al referendum sul nucleare. Vorrei invece astenermi perché la procedura di consultazione su un tema così delicato, strategico per un paese, non si può fare senza una lunga e adeguata campagna informativa non ideologizzata. Poi penso che un ulteriore sì (perché tre li do per scontati) mi permetterebbe di dare quattro spallate a Berlusconi...
ognuno tragga le sue conseguenze.

P.S. Qualcuno saprà che Carlo Rubbia ha illustrato un tipo di centrale nucleare che utilizza Torio anziché Uranio. Adesso sta per entrare in esercizio una di queste centrali in India, seguita da lui in persona...alla prossima puntata.

venerdì 3 giugno 2011

Enucleare il nucleare (1: Il tecnico

Ho scoperto sei o sette anni fa che il torneo di calcetto Miscio, a Pantanaccio, lo organizzava Gianluigi Miscio, un ragazzo che veniva in classe con me in prima media. Poi non l’ho più visto. Mi stava simpatico, sparacazzate al punto giusto e amichevole, al contrario di molti in quella specie di bolgia infernale che era la Don Lorenzo Milani. Lì avevi in media cinque o sei compagni di scuola che teoricamente avrebbero dovuto da tempo frequentare le superiori e che invece faticavano a licenziarsi e a farti vivere in pace. Comunque, non divaghiamo: Miscio era simpatico, dicevo. Da lui ho imparato qualcosa nel breve periodo della nostra forzata frequentazione. Innanzitutto ho capito che a pochi passi da casa mia esisteva una vita che non era quella di città, si piantavano i cocomeri, si allevavano le bestie, si pescava nei canali: quell’inverno alle serre per i cocomeri avevano messo non un telo ma due, per farli stare più caldi. Al Pantanaccio si pescava con la bilancia. A Latina c’era la centrale nucleare.
Cioè, che ci fosse già lo sapevo, però mi sembrava una cosa fica, da Spazio 1999. Poi, durante una lezione sull’energia e i mezzi per produrla, Miscio alzò la mano e disse che alla madre, quando passava vicino alla centrale a Sabotino, le si scaricava il pacemaker. Fu allora che volli capire a tutti i costi come funzionava e perché accadevano (se accadevano) questi fenomeni “collaterali”. In terza media, con l’insegnante di educazione tecnica trattammo i vari tipi di centrale e mi si chiarirono alcuni fondamenti della produzione di energia nucleare; l’urgenza delle contingenze mi ha però costretto a pensare ad altro per un po’.
La centrale intanto l’hanno chiusa e ricordo bene il periodo del referendum, con Chicco Testa e Francesco Rutelli (dico Chicco Testa e Francesco Rutelli) incatenati ai cancelli a Borgo Sabotino. Ora, senza interpretare il ruolo dello sputasentenze, vorrei dire che io non mi fido molto di un laureato in filosofia che si è incatenato alla centrale nucleare per farla chiudere e poi adesso mi vuole convincere ad aprirne il più possibile in tutta Italia (anche se ha spiegato i motivi del ripensamento etc. etc.). Uno che quando era presidente dell’Enel (dico presidente dell’Enel, carica assunta da antinuclearista) a un operaio che in una trasmissione televisiva gli dava del bugiardo rispose “bugiardo sei tu, lascia stare il presidente dell’Enel”. Uno che, ospite in veste di nuclearista presidente del forum per il nucleare (dico presidente del forum per il nucleare e consigliere di Energie Valsabbia, che si occupa di idroelettrico e solare, a dimostrazione che non è assolutamente vero che la laurea in filosofia non dà sbocchi professionali, fornendo competenza e saldi principi di coerenza), alle rimostranze di Mario Tozzi (che non mi sta molto simpatico) sull’impossibilità di trovare luoghi per stockare le scorie rispose fuor di microfono “non ti azzardare a dire che prendo dei soldi perché ti spacco la faccia”.
Siccome ormai tutti ne parlano, vuoi per il referendum, vuoi per le vicende di Fukushima, vuoi perché in Italia chi non sa una cosa la spiega agli altri, ho deciso di farmi un’idea leggendo qualche libro di cui darò conto nella prossima puntata e chiedendo a chi con l’energia elettrica ci lavora da anni. Non un laureato in filosofia, non un comico, non un ex magistrato ma Massimo Marzinotto, Senior Member dell’IEEE, Dottore di ricerca in ingegneria elettrica, a lungo ricercatore per l’Università “La Sapienza” e ora in Terna (società che si occupa della trasmissione dell’energia elettrica in Italia). L'ho torturato con domande idiote e luoghi comuni, è un miracolo se mi saluta ancora. Però qui do un sunto della nostra chiacchierata dopo avergli chiesto un permesso che non mi ha concesso (l'ho dovuto drogare di nascosto. Scusami ancora, se mi leggi!).

Secondo te il nucleare è una via perseguibile?
A dire il vero nella vita mi occupo di sistemi elettrici in alta tensione e non di produzione di energia elettrica; rispondo giusto perché sei tu e perché almeno continuiamo ad essere amici senza che mi rompi l'anima co 'sto blog.
Faccio un preambolo sugli impianti di produzione dell’energia elettrica.
L’energia elettrica non può essere immagazzinata e quindi deve essere prodotta al momento. Oggi nel mercato stanno comparendo i primi sistemi di accumulo di energia elettrica ma di fatto siamo ancora in una fase sperimentale e comunque per capacità di storage estremamente ridotte.
La richiesta di energia è costituita da una quota parte che non varia nell’arco della giornata (si pensi alle grandi aziende che richiedono grossi quantitativi sia di giorno che di notte) e da una quota parte che è invece variabile (il caso ad esempio delle utenze domestiche e di tutte quelle attività produttive che sono concentrate in determinate ore) per la quale il picco della richiesta è inoltre legato a variazioni stagionali.
Per quanto riguarda la quota invariante nell’arco della giornata vengono utilizzate le centrali “di base”, cioè quelle centrali che richiedono dei tempi di avviamento molto lunghi (dell’ordine di svariate ore) e quelle centrali che non è economicamente e tecnicamente conveniente “modulare” ad un livello di produzione che si discosta da quello massimo. Pertanto le centrali “di base” sono le termoelettriche tradizionali come quelle a olio combustibile, a carbone, nucleari e alcune di tipo idroelettrico come quelle ad acqua fluente.
Per la parte di richiesta di energia elettrica legata alle ore del giorno e al periodo stagionale vengono utilizzate le centrali “di punta”, cioè quelle centrali che richiedono dei tempi di avviamento immediati o quasi (non superiore all’ora). Pertanto le centrali “di punta” sono quelle idroelettriche a bacino, quelle di pompaggio, le turbogas, etc.
Ci sono poi quelle centrali che hanno delle priorità di produzione come le eoliche, le fotovoltaiche e quelle a biomassa: quando c’è disponibilità di produzione (ad esempio vento per le eoliche e luce solare per le fotovoltaiche) hanno priorità nella produzione.
Ma veniamo al nucleare. Questo tipo di centrali può essere un’alternativa - per quanto detto sopra - solo ad altre centrali “di base” e pertanto un confronto centrale nucleare vs. idroelettrica a bacino o un aerogeneratore non è corretto.
La produzione con il nucleare non immette fumi nell’aria come le tradizionali a carbone e a olio combustibile, ma produce scorie. La quantità di scorie prodotte da un impianto da 1000 MW è solo 5/6 m3 all’anno.
Per quanto riguarda la sicurezza invece possiamo tranquillamente affermare che gli impianti nucleari sono sicuri, a meno di eventi non rari, ma imprevedibili come catastrofi/cataclismi di particolare violenza. Secondo me rispetto a tutti i rischi cui siamo esposti oggigiorno, gli impianti nucleari sono più che sicuri.
Nel mondo esiste una consolidata esperienza nella produzione di energia elettrica attraverso il nucleare, non bisogna andare lontano dall’Italia per avere qualche “ritorno di esercizio” statisticamente significativo. Ad esempio in Francia ci sono quasi 50 impianti attivi. Nel mondo poi di attivi ce ne sono 442, di cui 148 in Europa. Inoltre 65 sono in fase di costruzione in tutto il mondo, di cui 8 in Europa.
Credo che con le tecnologie di oggi il nucleare sia una via più che perseguibile, ma non sono io a dirlo, ci sono scienziati di tutto rispetto a livello internazionale che sostengono questa tesi, perché dovrei pensare il contrario?

La tragedia di Fukushima, potrebbe ripetersi nei nuovi impianti?
La tragedia di Fukushima si è verificata in quanto i servizi ausiliari di emergenza non sono stati pensati in grado di resistere ad inondazioni da maremoto. Se a questo avessero pensato quarant'anni fa (quando è stato messo in servizio l’impianto) sicuramente non staremmo qui a parlare di un dramma.
Vista l’esperienza non solo di Fukushima, ma anche quella dei maremoti degli ultimi anni, credo che questo genere di catastrofe venga già presa in considerazione sia per un risk assessment che per un risk management di un nuovo impianto nucleare.

Quali sono i reali rischi di nuovi impianti?
Ti rispondo con un esempio: morire per incidente nucleare è cento volte meno probabile che morire in un incidente aereo e 400 volte inferiore al rischio di crepare per un banale incidente d’auto. Il rischio di morte per incidenti totali, (sinistri automobilistici, ferroviari, cadute, scoppi di gas, incendi, ecc.), è 1000 volte più alto del rischio nucleare. La conclusione è che, siccome accettiamo tranquillamente tutti i giorni il grande rischio di morire in un incidente d’auto, dobbiamo molto più tranquillamente accettare il debolissimo rischio, praticamente inesistente, di passare a miglior vita per un incidente nucleare. Tra la miriade di rischi di morte che affrontiamo tutti i giorni della nostra vita, quello nucleare è assolutamente il meno preoccupante perché è di gran lunga il più piccolo. Forse qualcuno potrebbe dire ma quante persone morirebbero per un incedente nucleare? Allo stesso tempo mi viene da dire “quante persone muoiono ogni giorno nel mondo per il fumo? e nessuno fa niente per impedirlo!”.

Esistono centrali nucleari che potrebbero usare altri tipi di materiali, anziché l’uranio, magari meno pericolosi dal punto di vista della radioattività delle scorie?
Al momento non credo.

Latina può essere rimessa in funzione o il suo impianto non è più adeguabile ai nuovi standard?
Se a Latina si ripartisse con il nucleare, si costruirebbe da zero un nuovo impianto.

Secondo te c’è una possibilità di raggiungere l’indipendenza energetica da parte dell’Italia?
Certo. Penso che il paese si stia muovendo in questo senso.

Quali sarebbero i tipi di energia più facilmente producibili in Italia col migliore rapporto costi benefici?
Ci sono grossi investimenti sull’energia rinnovabile, è questo è davvero un bene, ma per quello che dicevo prima non basta.

Secondo te c’è più probabilità di rivedere in funzione la centrale nucleare a Latina o che riusciamo di nuovo a suonare un po’ insieme?
Spero entrambi, anche se suonare insieme è sicuramente molto più probabile!


Non saltate alle conclusioni, ora, perché è solo un assaggio. Nella prossima puntata alcuni problemi maltrattati e che ritengo fondamentali per fare una valutazione consapevole. Ad ogni modo mi sembrava corretto partire da un parere “dentro” che, al di là delle onde emotive e i panici collettivi, desse conto di concetti basilari per affrontare la questione in maniera razionale e soprattutto non ideologica. Ci chiamano a decidere in merito a un tema sul quale siamo tutti impreparati e con un dibattito scientifico fermo da vent'anni. Alla prossima puntata.

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